Per parlarvi di questo libro non partirò dai concetti già espressi da molti altri sul web: le tre donne che condividono un segreto a distanza di secoli, la caccia alle streghe, la forza e la complicità tra donne e bla bla. No. Per parlarvi di Weyword di Emila Hart (Fazi editore, pp. 406) ho deciso di partire dai dettagli, perché sono questi che fanno la differenza. Iniziamo dal corvo. Questo bellissimo volatile che si trova al centro del romanzo tanto quanto le tre protagoniste, in diverse culture del passato è stato associato al male, al diavolo e portatore di sventura; per le culture del Nord Europa era l’animale simbolo di Odino, ma in altre culture rappresenta il ponte di collegamento con il Grande Spirito, insegna all’uomo a vivere in modo umile, consapevole e moderato, protegge dalla magia nera e amplia la coscienza e può avere proprietà curative. Stessa cosa vale per quella che nel libro viene chiamata damigella, conosciuta semplicemente come libellula. Spesso associata alle streghe, al culto dei morti e a Satana, ma anche alla libertà, alla gioia, alla fortuna e alla rinascita. Bene e male. Sacro e profano. Due facce della stessa medaglia che dovrebbero, secondo la credenza comune, lottare fra loro, cozzare, e che invece convivono in armonia completandosi a vicenda, perché non potrebbe esserci l’una senza l’altra. Ecco perché Altha, Violet e Kate sono così diverse eppure così complementari, legate e disgiunte. Conoscere e riconoscere l’unione di queste due “fazioni” significa non adeguarsi, significa osservare con occhi diversi ciò che sta attorno a noi e uscire dalla massa, dalla convenzione. Non a caso la scelta del termine weyward, ribelle. Le tre protagoniste del romanzo sono tre ribelli che non si sottomettono alla violenza, fisica o psicologica che sia, e imparano a scoprire e usare ciò che noi, da tanto tempo, abbiamo smesso di percepire: il legame vero e indissolubile con la natura, il cosmo e le altre creature viventi in quanto noi stessi parte dell’insieme. E questo è il secondo dettaglio. Noi siamo animali, facciamo parte del regno animale ed è quindi plausibile e “normale” che possiamo interagire e trarre forza e giovamento da loro e dalle piante. Questa è la vera magia. E, se ci pensiamo bene, non è nulla né di strano né di malefico, è solo qualcosa che abbiamo perso, smesso di fare da secoli e secoli, e quando incontriamo qualcuno che, al contrario, sfrutta tale capacità, ecco che allora lo abbiniamo al demonio e ne abbiamo paura perché non lo conosciamo, perché la ragione ci dice che è sbagliato. La ragione. Non l’istinto. E quindi ecco la caccia alle streghe, ieri come oggi, di donne forti che non si piegano alla società, a un marito-compagno padrone o un padre anaffettivo e avido. Queste sono le streghe. E poi, sì, questo romanzo parla anche di violenza, di un segreto custodito per generazioni e di altruismo femminile, ma è solo contorno. Weyword, se si scava fra le parole e i significati simbolici, se si fa attenzione, se si va oltre i fatti centrali narrati, è molto, molto di più. Il romanzo mi ha preso tanto. Devo dire che era da tempo che non trovavo una lettura che non vedevo l’ora di riprendere in mano e che mi faceva fare le ore piccole. Ho amato tremendamente la figura di Violet e i suoi numerosi risvolti. Unico neo: con 50, 60 pagine in meno sarebbe stato ancora meglio. Alcuni passaggi o descrizioni, infatti, soprattutto per quanto riguarda Violet e Kate, sono irrilevanti ai fini della trama, non aggiungono nulla, allungano solamente e risultano dispersivi. Apprezzatissimo il finale, davvero bello, emozionante e più che azzeccato.
Cinzia Ceriani