Avere tra le mani l’ultima fatica letteraria, e dopo molto tempo dalla precedente, di Fabien C. Droscor, nome d’arte di Francesco Bordi, già conosciuto con il suo libro d’esordio Non è tutta colpa del pipistrello (Robin Edizioni), è stato per me un piacere. Per la sorpresa, intanto, e poi per la sottile vena d’ironia che aleggia in ogni pagina, per il modo realistico e altamente corrispettivo che ha l’autore di caratterizzare i suoi personaggi, dal modo di muoversi e interagire ai dialoghi. Quei dannati sedici nodi (Robin Edizioni, pp. 390) è un romanzo che, a dispetto dell’apparenza, si legge in brevissimo tempo ed è un viaggio disincantato e allo stesso tempo ricco di particolari, tanto da sembrare di esserci veramente in quel luogo, fra le meraviglie di una delle isole più belle dell’arcipelago toscano, l’Isola del Giglio. A rendere la trama davvero accattivante, però, è l’alone di mistero che circonda il personaggio chiave, Bruno Leonetti: prima per l’altruistico incidente che gli ha fatto perdere completamente la memoria, poi per i segreti che sembra celare e infine… be’, mica vi posso svelare tutto! Ad ogni modo, per quanto io abbia letto di gusto questa storia, devo anche dire che l’ho fatto con una certa fatica a causa del costante, ed eccessivo secondo me, inserimento della tipica parlata toscana o romana, in base al personaggio, all’interno dei dialoghi. Devo ammettere che non sono molto fan di questo tipo di scelte, le trovo poco “democratiche”, soprattutto per quei lettori non avvezzi a quel determinato modo di esprimersi, o che vivono in altre regioni, e che, a mio avviso, impedisce loro di immedesimarsi nel personaggio o nella scena descritta. Le forme dialettali sì, ci stanno, e anche qualche battuta, ma organizzare un intero romanzo su una/due parlate intervallate da una narrazione dalla dizione “standard” e monotona (in senso di mono-tono), devo dire la verità, l’ho trovato piuttosto difficoltoso. Ho provato grande simpatia per Bruno, un personaggio tutto sommato buono, che, forse, cercava la sua strada e non sapeva bene come; Lorenzo è il tipico amicone, quello che tutto ti perdona e che ti è sempre accanto. Il dottor Serafili e Aleksandrina invece… se avessi potuto li avrei strozzati. Gli altri, più o meno importanti ai fini della storia, sono tutti personaggi secondari, alcuni più simpatici di altri. In definitiva, se siete in cerca di una lettura non banale, venata di sarcasmo e con un’ottima “impronta gialla”, ideale per allontanare la noia e, perché no, adatta anche all’estate, vista l’ambientazione, questo libro potrebbe essere una buona idea.Cinzia Ceriani