Home » Le notti di Reykjavik di Arnaldur Indridason

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Recensione

Un giallo sicuramente diverso dai thriller nordici a cui siamo stati abituati negli ultimi anni, più accurato, e benché la trama, di per sé, sia molto semplice e banale, “classica”, il plot è, per fortuna, poco prevedibile. La storia scorre in maniera logica e sistematica, concedendo al lettore un pezzetto alla volta del puzzle, ben calibrato e calcolato. I personaggi sono molto “veri”, nessuna tendenza all’eroismo o detective supereroi pronti a risolvere un guaio che nessun altro potrebbe risolvere, ma semplicemente un poliziotto che vuole far luce su un caso poco chiaro. Da padrone la fa di certo l’ambientazione: la fredda, buia, rurale e per certi versi aspra e magica Islanda. Veramente bello.

 

 

 

Trama

Un senzatetto viene trovato annegato alla periferia di Reykjavík. Un caso di poca importanza, che la polizia archivia come morte accidentale. Nelle stesse ore, una donna sparisce nel nulla dopo aver trascorso la serata in un locale del centro. Un anno dopo, Erlendur, poliziotto alle prime armi assegnato al turno di notte della stradale, passa lunghe ore a pattugliare le vie di una città deserta, ore spezzate di tanto in tanto da una rissa, un furto, un incidente d’auto, e non smette di pensare a quelle due persone scomparse. Convinto che i due casi siano stati frettolosamente liquidati dai colleghi, Erlendur non resiste alla tentazione di fare il detective: non solo si prende a cuore la vicenda del povero Hannibal, ma è ancor più attratto dall’inspiegabile sparizione della donna. L’inesperta matricola inizia così la sua prima indagine: raccoglie indizi, interroga i famigliari e le persone coinvolte… Due casi che riguardano due mondi lontanissimi tra loro: il triste sotto-bosco umano della capitale, denso di miseria e sopraffazione, e la borghesia islandese, con le sue ipocrisie e i suoi lati oscuri. In una Reykjavík descritta in un’insolita versione notturna, Arnaldur Indriðson dipinge la figura di un Erlendur giovane e tormentato, ma già acuto indagatore dell’animo umano e dei suoi angoli più nascosti.

 

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