La ragione principale che mi ha spinto a leggere questo libro è stata sicuramente la curiosità. La voglia di leggere un “classico non classico”, di scoprire cosa ha da offrire, letterariamente parlando, un’autrice contemporanea, o quasi, di Jane Austen e delle sorelle Bronte ma che non è però riuscita ad eguagliarne il successo pur trattando gli stessi argomenti: la famiglia, la ricerca di un marito che non sia solo tale ma che sia anche un buon partito in grado di prendersi cura della moglie e della prole, dello stile di vita medio alto borghese dell’Inghilterra vittoriana e delle sue ipocrisie, delle sue “pretese” e del suo modo di giudicare luoghi, fatti e persone con il lungo metro del benessere economico e della morale. Ebbene, in Una casa quasi perfetta (Elliot edizioni, pp. 182) di Emily Eden c’è ognuno di questi elementi, ogni singola pagina è permeata dell’atmosfera tutta particolare di quell’epoca che non c’è più, ma è anche vero che in esso, nel romanzo, manca quel je ne sais quoi, come direbbe la baronessa Sampson, che caratterizza la prodizione austiniana o quella brontiana e che ne hanno reso celebri i romanzi. Manca quel sentimento amoroso, quella passione travolgente, quel dolore sordo, ma pur sempre piacevole che ancor oggi porta molte ragazze ad identificarsi con le eroine di quelle pagine. La loro impulsività e il loro intelletto, la tragicità dell’amore macchiato, ostacolato da orribili segreti o rabbiosi tradimenti nati da un’interpretazione parziale di una confidenza, o semplicemente perché appartenenti a due classi sociali ritenute incompatibili. È forse questo il motivo per cui i libri della Eden, per quanto dotati di arguzia e ironia sono rimasti in secondo piano, non hanno ricevuto lo stesso clamore di pubblico e critica. Devo ammettere che non mi sono mai divertita tanto nel leggere un romanzo di questo genere, i personaggi sono lucidi, spiritosi e ironici, non prendono nulla sul serio e, di contraccolpo, non gli accade mai nulla di spiacevole o irrimediabile, sembra che la vita sorrida loro e loro alla vita. Esilaranti sono le risposte pronte e leggere di zia Sarah alla nipote Blanche, paranoica e drammaticamente fantasiosa, e le trovate, materne e un po’ ridicole, di Mrs Hopkinson (spassosa la scena in cui crede di avere i ladri che bussano alla porta di casa). Semplice, fluido e mai banale, le pagine della Eden si leggono in un baleno, la storia, seppur un po’ monocorde scorre senza intoppi, la lettura è piacevole e disincantata, una meraviglia. Mi spiace solo che nel libro non ci sia alcun approfondimento, ad eccezione delle brevi note biografiche in quarta di copertina, dell’autrice, del suo tempo e dei suoi scritti. Sarebbe stato molto interessante conoscerla un po’ di più, capire meglio la sua posizione e il suo pensiero. Di certo non è al livello delle sopracitate colleghe scrittrici, ma vale assolutamente la pena di leggerla, non ve ne pentirete.