Quando incontro un libro, e non mi capita spesso purtroppo, che mi coinvolge subito, fin dalle prime pagine, facendomene innamorare, so già che quel libro, per me, sarà un capolavoro, un piccolo gioiello che mi accompagnerà per molti giorni anche una volta che ne avrò terminato la lettura. Madonna col cappotto di pelliccia di Sabahattin Ali (Fazi editore, pp. 210) per me è stato esattamente questo. Un colpo di fulmine, amore a prima pagina. Ed è ancora più significativo tale mio alto gradimento se si considera il fatto che non sono un’ammiratrice della letteratura turca o araba in generale. Raif Effendi, il protagonista di quest’incantevole storia, mi ha letteralmente stregata. È un personaggio profondamente malinconico e deluso dalla vita nonostante tutti i suoi sforzi, che ha visto i suoi sogni infrangersi contro l’alto scoglio delle differenze culturali, sociali ed economiche; contro l’arroganza e l’egoismo famigliare. È il fantasma di sé stesso, un vinto lo definirebbe Verga, che procede nella vita per inerzia, sostenuto da quell’amore giovanile perduto per sempre, e che mai l’ha abbandonato, e dall’immenso affetto per le figlie. Il modo con cui l’autore, oggi considerato uno dei massimi esponenti della letteratura turca del ‘900, racconta la storia di Raif, con uno stile unico e delicato, quasi in punta di piedi, semplice, lineare, per nulla artificioso, mi ha ricordato, a ragione o a torto, il Boll di E non disse nemmeno una parola, un’analogia, una coincidenza letteraria, se vogliamo, visto che metà del romanzo è ambientato a Berlino. Devo dire la verità. Ero indecisa se leggere o meno questo romanzo, all’inizio. Avevo paura di incappare in uno scritto lento e noioso, pesante. E non avrei mai potuto sbagliarmi più di così. Di noioso e lento non c’è assolutamente nulla: nessuna prolissa descrizione, nessuna lungaggine riflessiva. Ogni evento, ogni narrazione, ogni considerazione è equilibrata, essenziale ed esaustiva al tempo stesso. Per fortuna, alla fine, “l’istinto del lettore”, quella molla che, seppur nel dubbio, ti fa dire “ma sì, leggiamolo” ha avuto la meglio.