Recensione
Possessione è un romanzo intenso ma complicato. Sia da un punto di vista lessicale e linguistico, il vocabolario sfoggiato dall’autrice è infatti molto ampio e ricercato, quasi d’altri tempi, che strutturale, in quanto alla narrazione vera e propria sono affiancate pagine, e addirittura interi capitoli, con estratti di opere e lettere di Randolph Henry Ash e Christabel LaMotte, due scrittori dell’età vittoriana immaginari, totalmente inventati dall’autirce, dimostrando, per altro, un’arguzia, una duttilità narrativa e un’immaginazione davvero straordianrie. Contenuti, quest’ultimi, che richiedono una buona attenzione da parte del lettore. L’intreccio, dunque, è molto elabrato e la lettura scorre lenta per gran parte della storia, solo nella seconda metà acquista ritmo, vivacità e un incredibile fascino. Devo confessare che in alcuni momenti ho invidiato Maud e Roland, altri due personaggi inventati, i due protagonisti, per come “vivono” e “sentono” la letteratura e la poesia, con ardore, come se davvero fossero parte integrante della loro vita. Per loro, prosa e poesia sono un inno alla vita, una passione, un’ossessione che anche il lettore non può fare a meno di respirare, pagina dopo pagina. Assimilare. Possedere. Come una vera e propria storia d’amore.
Trama