Recensione
E’ il mio primo Philip Roth, lo ammetto. E credo mi sia capitato uno dei suoi libri più complessi e impegnativi, almeno stando alle recensioni di chi ha letto altre sue opere (L’animale morente, Pastoriale Americana, ecc). E’ un romanzo breve, è vero, ma è altamente pruriginoso e infiammabile, pieno di riferimenti personali, politici, etnici, culturali e, talvolta, moralistici. Difficile ne è anche la lettura in sé, un continuo lunghissimo dialogo serrato, un botta e risposta tra due amanti in cui non vi è posto per nessun narratore esterno. Nessuna spiegazione. Nessuna ambientazione. Nessuna descrizione. Senza pause. Sono state 150 pagine che ho faticato a leggere, ad assimilare. La scrittura, comunque, è fluida e semplice, priva di artefizi letterari, ma non ha semplificato le cose. E’ un libro impegnativo, da leggere solo se si ha voglia di riflettere. Il giudizio resta , ad ogni modo, alto quattro stelline, perché tratta temi importanti, e il fatto che si fatichi a leggere non significa che non sia un buon libro.
Trama
“Con l’amante la vita quotidiana passa in secondo piano” scrive Roth ed esibendo tutta la sua abilità di brillante osservatore della passione umana, presenta in “Inganno” il mondo circoscritto dell’intimità adulterina con una schiettezza che non ha eguali nella narrativa americana. Al centro di “Inganno” ci sono due adulteri nel loro nascondiglio. Lui è uno scrittore americano di mezza età che vive a Londra, di nome Philip, lei è una donna inglese spigliata, intelligente e colta, compromessa da un matrimonio umiliante a cui, a poco più di trent’anni, è già quasi, a malincuore, rassegnata. L’azione del libro consiste nelle loro conversazioni, per lo più schermaglie amorose prima e dopo aver fatto l’amore. Questo dialogo acuto, ricco, scherzoso, inquisitorio, “che si muove” come scrive Hermione Lee “su una scala di dolore che va da un furioso sconcerto a una stoica gaiezza” è quasi l’unico ingrediente di questo libro, e l’unico di cui si senta il bisogno.