Home » Recensione: Salvare le ossa di Jesmyn Ward
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Devo ammettere che non è stato facile per me leggere il primo volume della trilogia di Bois Sauvage.
Salvare le ossa di Jesmyn Ward (NN Editore, pp. 313) è un libro tutt’altro che “masticabile”. Per “masticarlo” occorre avere denti d’acciaio e animo sensibile ma non fragile.
È un libro intenso, crudo e amaro che gioca sul contrasto bianco e nero in ogni singolo particolare, addirittura nella differenza tra il colore del manto del cane, di un bianco lucente spesso sporcato di rosso, ma pur sempre bianco, abbagliante addirittura, e il colore della pelle del suo padrone; nella vita che fiorisce in contrasto con la distruzione dell’uragano Katrina; nel sogno di una vita redditizia dipendente, almeno in parte, dai combattimenti fra cani.
Salvare le ossa in tutti i sensi: cercare di costruirsi un futuro migliore senza però dimenticare le proprie radici e ripartire da zero, tirandosi su le maniche per porre rimedio al disastro causato dall’uragano.
In tutto questo, l’unico punto saldo è il legame tra i quattro fratelli: Skeetah, Esch, Randall e Junior, fedeli l’uno all’altro e uniti contro il mondo.
Dicevo che non è stato facile leggere questo libro. Mi sono servite pause perché le emozioni erano tante, le verità e le situazioni da assimilare erano spesso pesanti (non ho amato molto le pagine relative alla descrizione dei combattimenti fra cani, per me, che amo i cani, è un qualcosa che mi fa accapponare la pelle). Non è facile leggere di ragazzini costretti a far da genitori al fratello in fasce, non è facile leggere di un padre disperato che a distanza di anni ancora non ha accettato la scomparsa della moglie nonostante la costante presenza dei figli. È, se mi consentite l’espressione “tutto troppo”.
«La vita è una lotta per tutti, ha risposto Skeetah. Per tutti. E adesso lasciami solo, cazzo, che devo parlare col mio cane». Questa frase racchiude il senso del libro e il cane rappresenta l’unico appiglio sicuro e fedele, ciò che non tradirà mai, rappresenta la speranza che neppure Katrina riuscirà a togliergli.
Non è un libro di cui ci si può innamorare, né uno di quelli che voltata l’ultima pagina ci fanno dire “wow”, ma è un romanzo che ti resta dentro, “incollato alle ossa”, e trasmette. Trasmette tutto e niente, è assolutamente unico nella sua indefinibilità. Sta al lettore stabilire il confine, decidere quanto permettere a questo libro di entrargli sotto pelle.

Cinzia Ceriani

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