Recensione
Non ci sono parole per descrivere l’abilità letteraria e descrittiva di Fluabert. Sagace, ironico, diretto e assolutamente moderno. Ho amato le descrizioni quasi poetiche dei paesaggi descritti in Madame Bovary; non di meno ho amato la resa di alcune immagini, a mio avviso molto cinematografiche, come quella in cui dal finestrino della carrozza si vede spuntare la mano di Emma che, leggiadra, getta via i frammenti della lettera del suo amante. Prima di leggere la storia di Emma, infatti, non capivo perché, nonostante la Francia sia, oggi come ieri, considerata una nazione liberale e dalla mente aperta, abbia a suo tempo (seconda metà dell’Ottocento) censurato il romanzo, tacciandolo, e con esso anche il suo autore, di oltraggio alla morale e alla religione. Una messa al bando che è durata poi per tutto il periodo Fascista in cui Madame Bovary compariva sugli scaffali in edizioni limitate ed edulcorate. Ora ho capito: senza peli sulla lingua Flaubert parla di libertinaggio, adulterio sfacciato, truffa, strozzinaggio, istigazione alla prostituzione, attacchi alla chiesa e alle forze politiche e, infine, di suicidio. E’ un classico imperdibile, uno di quelli che non si possono non leggere per capire meglio la società di ieri e la condizione, perché no, delle donne come Emma. Perennemente alla ricerca di un appagamento di un desiderio evanescente che nulla sulla terra può soddisfare.
Trama
La pubblicazione di Madame Bovary ha creato il primo e più clamoroso caso di intervento censorio pubblico ai danni di un’opera moderna: insieme al successo, infatti, lo scrittore ottenne una incriminazione per oltraggio alla morale pubblica e alla religione, da cui, peraltro, fu assolto. La sua Emma è diventata immediatamente il simbolo del disagio e dell’insofferenza borghese: vittima di una sorta di “vampirismo” che le procura appetiti e desideri sempre crescenti e un’infelicità sempre più vorticosa, è destinata a soccombere alla sua stessa smaniosa irrequietezza.