Recensione
Cosa c’è da dire? In realtà non molto perchè le opere di Irène Némirovsky parlano da sole, così come questo intenso romanzo di sua figlia Elisabeth, che non è solo la semplice biografia della madre deceduta, anzi, assassinata in maniera brutale dai tedeschi di Hitler, ma è l’affresco di un’epoca di tumulti e fughe, di esili e limitazioni, di costante paura dell’inevitabile cambiamento; è l’affesco di una madre caparbia e un po’ ingenua, sotto alcuni punti di vista, che ha perso un po’ il contatto con la realtà storica in cui viveva, tanto da indurla a sottovalutare, o addirittura a non considerare, alcuni importanti indizi; è l’affresco di una grande scrittrice, una letterata che amava leggere, imparare e osservare a trecentosessanta gradi e che talvolta si rifugiava in un mondo astratto tutto suo. Per chi, come me, ama la Némirovsky, i suoi grandiosi romanzi, questo libro rappresenta una tappa fondamentale, assolutamente da leggere per conoscere e comprendre meglio Irène, non solo come donna e persona, ma anche e soprattutto come scrittrice, i suoi scritti e i suoi personaggi. Intenso. Un graffio nell’anima. Pagine vissute dolorosamente ma essenziali.
Trama
Pubblicato in Francia per la prima volta nel 1992, Mirador è la biografia di Irène Némirovsky scritta da Élisabeth, la figlia secondogenita. Mirador non è una semplice biografia di Iréne Némirovsky. È la stessa scrittrice che, attraverso la voce della figlia Élisabeth Gille, ci racconta in prima persona di sé e della propria vita. Se nella prima parte viene rievocata la Russia lacerata e suggestiva dell’infanzia e dell’adolescenza, dopo la fuga seguita alla Rivoluzione d’Ottobre sono la Francia e Parigi lo scenario in cui Irène spicca il volo e diventa famosa. La provincia francese è infine il teatro dove si svolge l’ultimo atto della sua esistenza, che è anche l’ultimo atto di una borghesia colta ma ingenua che non ha saputo cogliere i segni premonitori della tragedia che si sta abbattendo sull’Europa e troppo tardi si accorge della furia che travolgerà milioni di persone, come la stessa Irène, deportata ad Auschwitz nel 1942 dove morirà di tifo in un solo mese.
Profondo e intenso come tutti i romanzi della Némirovsky, Mirador è uno sguardo intimo e privilegiato sui suoi legami con il padre e la madre, il marito e le figlie, la fatica della continua fuga fino alla drammatica fine. Numerosi sono i nodi affrontati – la fama e le sue illusioni, il giudaismo e la Shoah -, ma a dominare la narrazione è il tema fondamentale della vita familiare e della maternità, mentre il rapporto tormentato, seppur breve, tra Élisabeth e la madre Irène è il filo rosso che lega ogni vicenda di questo racconto appassionato che getta una nuova luce sulla vita e sull’opera della grande scrittrice.