Possedere il controllo sulla mente di una persona e influenzarne la percezione della realtà e la capacità di giudizio facendo leva sulle sue paure più recondite è il potere più grande che si possa esercitare. Chi lo domina si sente un dio; chi lo subisce, invece, ne viene ottenebrato, annichilito, schiacciato, distrutto. E l’effetto è ancora più devastante se le vittime sono individui forti e indipendenti, con una vita solida alle spalle e davanti a loro. La scienza, la medicina e la ricerca scientifica possono giustificare tanto orrore e mancanza di rispetto per la vita umana? O ancora una volta, come spesso accade nei libri e nelle storie di questo genere, è solo una scusa per dare voce a delle perversioni, a delle psicosi? E’ questo l’interrogativo principale che mi ha accompagnato durante la lettura di Chiusa in gabbia (Augh!, pag.188), il thriller d’esordio di Roberto Bagnato. Si tratta di un romanzo intenso e perfettamente strutturato che presenta solo qualche piccola imperfezione verso la fine, senza però pregiudicare in alcun modo la storia, o comunque il risultato complessivo e finale del romanzo. Chi mi conosce sa che sono un habitué dei thriller e sa anche che non elargisco complimenti se non veritieri. Questo romanzo mi ha colpita e coinvolta fin da subito e per diversi motivi: intanto il perno della trama. La scelta di usare una tecnica psicologica come l’ipnosi l’ho trovata molto positiva, in quanto attribuisce un po’ di diversità al thriller tipicamente italiano e richiama alla mente, anche se in maniera del tutto vaga, romanzi di successo come L’ipnotista di Lars Kepler. In secondo luogo, lo stile narrativo. Semplice ma ricercato allo stesso tempo e con un utilizzo ricco del vocabolario. E ancora, i tempi. L’autore, in particolar modo nel descrivere l’esperienza di reclusione della protagonista, ma anche nell’ingresso dei due agenti dell’FBI, è riuscito a calcolare e a conferire il giusto ritmo narrativo, incalzante ma pacato. Ha saputo equilibrare la suspense e innalzare il livello di adrenalina nei momenti giusti. Ben resa è l’angoscia, il senso di impotenza provato dalla protagonista e l’annullamento della sua personalità nella parte centrale del romanzo. Ben costruito, infine, è il protagonista maschile, lo psicologo, sia da un punto di vista emotivo -psicologico che personale. Unica nota stonata è forse la copertina, poco accattivante, che non rende giustizia al romanzo. Un primo tentativo, questo di Bagnato, che sicuramente ha centrato l’obiettivo. Cinzia Ceriani