Senso di colpa e abbandono sono i due sentimenti, forti e costanti, che uniscono, a distanza di quasi ottant’anni, due donne, Rose e Lizzy, divise da storie personali molto diverse ma unite da un dipinto, Il fattorino, del pittore lituano Chaim Sautine, sequestrato alla prima dai tedeschi all’indomani dell’invasione dell’Austria e ritrovato, decenni dopo, dall’altra parte dell’oceano Atlantico. Per molti versi, a partire dalle due protagoniste, il romanzo d’esordio della giornalista e sceneggiatrice americana Ellen Umansky, La ragazza del dipinto (Newton Compton Editori, pp. 349) mi ha ricordato il bellissimo film del 2015 Woman in gold, in cui una fantastica Hellen Mirren veste i panni della sopravvissuta all’Olocausto Maria Altman e tenta, con l’aiuto di un avvocato, (guarda caso anche la Lizzy del libro è un avvocato) di riappropriarsi del ritratto di sua zia Adele Bloch-Bauer di Gustav Klimt, sottratto alla sua famiglia dai nazisti. La storia è narrata con maestria dalla Umansky, ed è certamente diversa da quella del film ma molte, ed evidenti, sono le analogie, cosa che non è negativa, anzi. Attraverso il romanzo i pensieri, le emozioni e i sentimenti dei personaggi, soprattutto quelli di Rose, che è stata costretta, ancora bambina, ad abbandonare i genitori senza mai più rivederli, arrivano al lettore in modo più intenso e coinvolgente, ogni sfaccettatura, questo grazie all’abilità dell’autrice, ogni particolare, arriva dritto al cuore del lettore. Purtroppo, e dico purtroppo perché l’eccesso spesso sminuisce l’importanza degli eventi, negli ultimi anni siamo subissati di messaggi, romanzi, libri e film incentrati sulla Shoah e ciò, come affermavo poc’anzi, ad un certo punto “stroppia” e il lettore, spiazzato, fatica a distinguere, nel tutto, angolazioni diverse della storia e dei fatti che hanno segnato così profondamente l’Europa; ha paura di cadere nella routine della “storia uguale alla precedente” quando invece esiste ancora molto da dire al riguardo, e da punti di vista differenti e, spesso, poco approfonditi. Ecco, credo di poter dire che il romanzo della Umansky ci dà proprio questa possibilità. La storia è fatta di persone e ogni persona ha una sua storia a sé da raccontare, che può fornire spunti e spiegazioni differenti. E’ un romanzo, questo, che fa certamente centro, i personaggi sono emozionanti, si fanno vivere e comprendere, e il parallelo con i nostri tempi, i nostri anni 2000, è stata una mossa vincente, una carta giocata magistralmente.Cinzia Ceriani