[…] Ernest senza una donna è solo uno scrittore in cerca di una moglie.
E ancora:
Ernest Hemingway è un innamorato perfetto, qualità che fa di lui un marito abominevole.
Un genio egoista dall’ego smisurato; un marito impossibile da tenere al guinzaglio e un padre quasi sempre assente; un individuo affascinante che ammalia, come il peggiore dei predatori, le sue vittime, attirandole nella sua rete per cibarsene e poi abbandonarle, oppure, più spesso, semplicemente per noia, le lascia da parte per dirigere altrove il suo sguardo. Un uomo tanto sicuro quanto tormentato, perennemente in competizione con se stesso, mai del tutto soddisfatto, nella scrittura, e sempre alla ricerca di nuove emozioni e facile all’infatuazione nella sfera privata. Un individuo invidiato e colmo di potere mediatico e artistico ma con una profonda voragine di depressione che lo logora da dentro, dall’inizio di tutto, dal suicidio del padre. Un buco nero che riesce a controllare fino a che la scrittura lo sostiene e il suo charme giovanile gli permette di avere tutte le donne che desidera e di passare, indisturbato, lodato e considerato come un eroe, da un fronte all’altro dell’Europa flagellata dal Secondo conflitto mondiale. E’ il ritratto che Hadley, Pauline, detta Fife, Martha e Mary dipingono del loro ex marito, Ernest Hemingway, attraverso la penna di Naomi Wood nel romanzo Quando amavamo Hemingway (De Agostini, pp. 322). Anche se non si tratta della biografia ufficiale, né del celebre scrittore e neppure delle sue quattro mogli, con uno stile incantevole e carezzevole, profondo e ricercato, ma allo stesso tempo semplice ma non banale, la Wood riesce ad immedesimarsi, e a far immedesimare il lettore, negli stati d’animo delle quattro donne, nelle loro paure, nella loro attrazione e nel rapporto tutt’altro che facile con quest’uomo che tutto è stato fuorché un buon marito, sempre alla ricerca della giovinezza, di una donna che sia in grado di “tenerlo in vita”, di fargli provare dei brividi impedendogli di lasciarsi andare alla sua tristezza. Un ritratto, è vero, non sempre lusinghiero e che rischia di minare, o più probabilmente scalfire, il mito dello scrittore Hemingway. Molti dei fatti narrati, se non quasi tutti ad esclusione di stati d’animo e sensazioni, situazioni particolari e private, corrispondono al vero e sono direttamente attinte dalla vita reale di Ernest: il suo lavoro di corrispondente di guerra, le feste a Villa America con Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, i suoi romanzi, il rapporto con gli editori e gli anni a L’Avana. E’ un profondo affresco di un’epoca e dei suoi Dei artistici, della loro nascita, della loro vita e del loro crepuscolo. Un’era che, da un punto di vista letterario, non tornerà più, purtroppo. Per questo credo sia bene leggere questo libro. Per conoscere, e per provare nostalgia di qualcosa che non abbiamo conosciuto, almeno la maggior parte di noi, ma che tanto avremmo voluto conoscere e vivere. E’ un romanzo che cattura e affascina, come il suo protagonista.