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L'ospite perfetto di Herbert Lieberman

 

Un noir d’altri tempi, psicologico ed estremamente sottile. L’inquietudine striscia sottopelle, insidiosa e quasi chirurgica. La storia narrata da Lieberman procede a step e a ogni gradino la situazione si complica fisicamente, emotivamente e psicologicamente. Fino a precipitare del tutto. Non vi è premura, non vi è fretta nel raccontare i fatti.

Non c’è un assassino, non direttamente, almeno, perché il vero mostro è un altro.

E’ l’uomo. Siamo noi come società. La nostra paura del diverso, di chi non si confà alle regole, espresse o taciute. E così sfocia la rabbia, o forse l’invidia, che fa da detonatore, e amplificatore, al disastro. Si tratta di quella violenza che obbliga a uniformarsi anche chi, in realtà, quelle regole vorrebbe romperle. E’ il branco che decide: o con noi, con le buone o con le cattive, o perisci. Davvero inquietante è poi scoprire che a capo di questo branco c’è un’autorità.

Lieberman è abilissimo nel descrivere le assurde dinamiche di questa caccia alle streghe dettata dalla parte peggiore che alberga in ciascuno di noi (anche nei così detti buoni) e a cui si acconsente per semplice paura: paura non solo del diverso, ma anche delle conseguenze dell’andare contro corrente e dell’isolamento.

I protagonisti, infatti, sono solo due anziani in lotta con la comunità, rei di aver dato aiuto a un reietto che vive tra luce e ombra. Quindi, cosa mai potrebbero fare?

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Cinzia Ceriani

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