Mercurio è identificato, nella cultura generale, sotto varie forme ed aspetti. È Il mitologico messaggero degli Dei, raffigurato con le ali ai piedi, figlio di Zeus e della ninfa Maia, è il Dio dell’eloquenza, del commercio e protettore dei ladri. Mercurio è l’elemento chimico tossico che per svariati decenni è stato utilizzato in alcuni strumenti medici e la cui forma a sfera argentata ispirava, come un pericoloso predatore, simpatia; in astronomia è il pianeta più vicino al sole. Nel romanzo di Gabriella Bertizzolo, Figlio di Mercurio (Leonida Edizioni, pp. 196, € 13), assume le sembianze della malattia mentale, del disturbo bipolare di cui soffre il protagonista Davide, tanto che lui stesso lo definisce, in opposizione, padre e lestofante. E Mercurio, per Davide, è tutto questo. È una forza che lo imprigiona e lo costringe a pindarici voli di fantasia dettati dall’affezione; è una condizione nociva che serpeggia nel suo corpo e si insinua in maniera pericolosa fra le piaghe del cervello. È bizzarro, come Davide, è un pianeta che per forma e sbalzi di temperatura è considerato il più particolare dell’intero sistema solare. Incontrollabile come il fiume Po, il naturale confine tra Veneto ed Emilia Romagna, che, da calmo e placido può diventare una furia devastante e inondare tutto ciò che lo circonda e verso il quale Davide nutre un profondo legame di riverenza.
La vita di Davide e non è facile. È segnata, oltre che dalla malattia che per i sintomi che comporta lo obbliga a periodi più o meno lunghi di ricoveri, a volte coatti e a volte volontari, in strutture psichiatriche, “perché sto meglio al repartino che a casa”, anche dal rifiuto da parte di sua madre che non gli nasconde i suoi sforzi per cercare di abortirlo, dalla perdita delle persone a lui care, dalla promiscuità, e da un odio incondizionato verso le donne che lui identifica come il male, “le subdole discendenti di Eva”. Tutte, ad eccezione dell’unica figura femminile positiva della sua vita, nonna Orsina, e, almeno per buona parte del romanzo di Floriana, la divina rossa, la donna di cui si innamora, la donna con la D maiuscola. Malato ma, a suo modo, sensibile e attento alle persone che lo circondano, Davide è dotato di una grandissima fame di conoscenza che lui cerca di placare attraverso la lettura e la scrittura. Un personaggio che si pone a metà tra il sacro e il profano, con la passione per lo studio della vita dei santi, l’attitudine a rapporti sessuali occasionali con le prostitute e l’attrazione irresistibile, per lui, del pensiero della morte violenta, sia verso se stesso che verso gli altri. Particolarità del romanzo, scritto nell’arco di una decina d’anni in maniera semplice e scorrevole ma con un’accurata ricerca dei vocaboli, è l’uso del dialetto ferrarese e crotonese accostati ad un lessico più che ricco, a brevi espressioni in latino e un’interessante e precisa terminologia medica.
Cinzia Ceriani