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Gli altri di Georges Simenon   L'avversario di Emmanuel Carrère

Recensione

Gli altri di Georges Simenon è un libro che parte in quarta: situazioni ambigue, atmosfera misteriosa, intrighi e sotterfugi familiari e sospetti. Insomma, una narrazione che tiene il lettore costantemente in attesa di qualcosa che… non avverrà. E non so se si tratta di un pregio o di un difetto (ma a giudicare dal numero di stelline che si è guadagnato opterei per la prima), perché il romanzo mi ha catturato e appassionato così tanto che lo scoprire che la mia attesa di quel colpo di scena stratosferico non ci sarebbe stato mi ha lasciato disorientata, quasi illusa. E paradossalmente, questo è uno dei migliori Simenon che abbia letto finora. E’ sconcertante. Tre sono essenzialmente gli elementi su cui si basa il romanzo: un suicidio inaspettato (ma alla fine, quale è mai aspettato?), un’eredità contesa e una famiglia letteralmente distrutta e disfunzionale che continua ad affondare nei suoi tormenti. Il libro mi ha lasciato sia certezze che dubbi. La certezza che Simenon sapeva il fatto suo, sapeva dare vita a storie e ambientazioni ad effetto sfruttando le debolezze umane, le sue ipocrisie, i suoi timori e i suoi lati oscuri. Il dubbio sulla presenza di un qualche limite che, probabilmente e chissà per quale motivo, Simenon non voleva superare, la sensazione che l’autore non volesse osare e preferisse mantenere le sue narrazioni all’interno di schemi ben precisi. Uno “sgonfiare involontario” della storia per mancanza di coraggio da parte dell’autore o una ben ponderata scelta narrativa che si adegua all’insinuosa e spesso egoista natura umana?

Trama

Ha un incipit brusco e drammatico questo romanzo (scritto, caso più u­nico che raro nella vasta produzione di Simenon, in forma di diario), che ci immerge nell’atmosfera soffocante di una città di provincia – universo angusto e abitudinario, con le sue rigide gerarchie sociali, i suoi riti immutabili e, soprattutto, il peso schiacciante dello sguardo altrui sul destino degli individui. Attraverso il racconto dell’autore del diario, «un mediocre soddisfatto», e tuttavia capace di una visione lucida e disincantata della realtà, Simenon amplia l’orizzonte narrativo e mette in scena, come lui solo sa fare, la rappresentazione tragicomica della famiglia Huet, dilaniata da conflitti latenti e malcelati rancori, da rivalità e tradimenti. In attesa delle esequie dello zio, e soprattutto dell’apertura del testamento, verranno alla luce fragilità e solitudini, ambizioni e frustrazioni, meschinità e bassezze – ma anche, per una volta, virtù morali, e perfino eroismi.

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