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Il chirurgo di Leslie Wolfe

Partiamo dalle cose semplici. Se dovessi usare tre aggettivi per descrivere questo romanzo sarebbero: intricato, rabbioso e vendicativo. Il chirurgo di Leslie Wolfe (Newton Compton, pp. 286) è un thriller che gioca sull’apparenza.

Solo all’apparenza la storia è semplice e lineare; solo all’apparenza i personaggi buoni sono buoni e quelli cattivi sono cattivi, in realtà il confine è davvero molto, molto labile e interessante è il gioco psicologico che ne deriva. Solo all’apparenza, infine, sono divergenti le motivazioni che spingono i personaggi a comportarsi e agire in un determinato modo. All’inizio non capivo (ed è un bene per un thriller non capire subito). Il racconto si srotola su due punti di vista: quello del chirurgo, appunto, Anne Wiley, e quello dell’assistente del procuratore, Paula Hobbs. Ciò che non mi quadrava era l’anello di congiunzione tra le due, trovavo l’ossessivo accanimento che, senza alcun “apparente” motivo, la seconda esercitava sulla prima troppo debole, quasi forzato e che stentava a rimanere in piedi.

Poi, all’improvviso, il cielo si è rischiarato e ogni elemento ha preso forma, ha preso possesso del suo motivo d’essere e si è legato all’altro. Come un puzzle perfettamente riuscito. La Wolfe, devo ammetterlo, è stata abilissima. Come dicevo sopra, in questo romanzo ogni cosa sembra slegata dall’altra, ma in realtà fanno tutte parte dello stesso cerchio, che alla fine si chiude con coerenza grazie a un adrenalinico colpo di scena che ha dato senso alla storia. Alla fine ci si domande persino se erano davvero Anne, Paula e il “morto” i veri protagonisti. Io credo di no. Il vero fulcro, il collante se vogliamo, è un altro personaggio che non c’è “fisicamente” ma che è presente per gran parte del romanzo. Forti sono anche i sentimenti che si percepiscono pagina dopo pagina. La vendetta, a più livelli, la rabbia e la frustrazione che portano alla perdita di controllo. Il dolore che, a lungo soffocato, finalmente esplode. Non è un romanzo adrenalinico, devo essere onesta, solo il finale lo è, ma è ben intessuto, sembra la tela di un ragno, e una volta intrappolati è difficile uscirne indenni.

Cinzia Ceriani

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