Perché la letteratura e la lettura delle grandi opere in generale è così importante? Perché è pericoloso perdere il gusto della letteratura, della lettura, della storia e della cultura? A cosa porta, che effetto ha sulla società, sui giovani e sulle persone la relegazione in un angolo dello studio delle materie umanistiche, considerate oggi poco utili e funzionali, in favore di materie sempre più tecniche e tecnologiche? Dove andremo a finire se è sufficiente che uno scrittore stia dalla parte ritenuta “sbagliata” per censurarlo? Perché più un paese è in pace e meno risalto viene dato alla cultura?
È di questo che parla la scrittrice iraniana naturalizzata americana Azar Nafisi in La Repubblica dell’immaginazione (Adelphi, pp. 331), già conosciuta e apprezzata per il suo Leggere Lolita a Teheran (Adelphi). E lo fa, anche questa volta, attraverso i romanzi di alcuni grandi scrittori americani: Mark Twain, Harry Sinclair Lewis, Carson McCullers e James Baldwin, ma cita anche Richard Wright, Fitzgerald, Hemingway, Shirley Jackson e tanti altri. Il suo non è un libro di critica letteraria, né un saggio o un romanzo, ma è tutte e tre le cose insieme unite da un unico filo conduttore: la vita privata dell’autrice, i suoi pensieri e le sue opinioni sul modello di società che stiamo creando, sulla storia degli Stati Uniti e dell’Iran, sui disastri a livello culturale e sociale che si stanno creando nel considerare le materie letterarie e storiche materie di serie B. I suoi timori sulla crescita di generazioni incapaci di affrontare la vita a causa della cancel culture che vorrebbe le avvertenze sui classici, ma eliminare le brutture del passato, il dolore e la storia significa creare futuri cittadini incapaci di distinguere il bene dal male.
È, a mio parere, un libro fondamentale per capire dove stiamo andando veramente, è essenziale, lucido, sincero, privo di sbavature e, con parole gentili ma efficaci, non teme di “urtare” le coscienze e obbligare a riflettere. Fa ciò che ogni libro importante dovrebbe fare. Nafisi fa ciò che ogni scrittore, per vocazione, è chiamato a fare. Posso dire, senza neppure troppa fatica, che è il libro più bello e, soprattutto, più significativo che ho letto quest’anno. È indiscutibilmente il mio libro del 2023.
È vero anche che a convincermi ad aprirlo non è stata solo la lettura, un paio d’anni fa, di Leggere Lolita a Teheran, ma anche Mark Twain e il suo Le avventure di Huckleberry Finn, a cui l’autrice dedica buona parte del libro, e che io ho letto ad agosto, giusto un paio di mesi fa. Ed è stato illuminante. L’autrice è riuscita a farmi soffermare su dettagli che non avevo notato (seppur mi sia ritrovata in molti elementi) e a mostrarmi diversi punti di vista. Punti di vista che, ovviamente, sono influenzati dal vissuto dell’autrice, da una visione sia “occidentale” che “orientale” della storia. La scrittura della Nafisi, poi, è qualcosa di meraviglioso, accattivante, avvolgente, ti avvinghia e non ti lascia più andare e tu resti lì, incollato alle pagine. Straordinario. Utile. Indispensabile.
Cinzia Ceriani