Clark e Charlotte sono esattamente come la loro casa a Clementine, piccolo e mormorante paesino della provincia americana. Sono una coppia bella, giovane e affiatata, all’apparenza, visti da fuori, ma se li si vive e li si conosce si capisce che sono invece due persone fragili, colme di “difetti” e appesantite dai fantasmi dei rispettivi passati. E così è anche la loro casa: gialla, solare, accogliente ma “infestata” dall’essenza dei precedenti proprietari o, forse più semplicemente, rappresenta il riflesso delle angosce e delle insicurezze emotive e psicologiche della coppia. Non a caso, infatti, Charlotte ha paura a rimanere da sola in casa, perché costretta a confrontarsi con i suoi demoni personali che si concretizzano in allucinazioni, strani suoni, voci sconosciute e piccole follie. Di contro, il marito, Clark, si sente realizzato e motivato a “vivere” solo dopo il salvataggio di un bambino in piscina e diventa improvvisamente distante e quasi nervoso ogni volta che oltrepassa la soglia di casa. Vibrazioni negative che aleggiano fra moglie e marito che vengono, senza alcuna esitazione, scaricate sull’altro, accuse reciproche che vengono assorbite e quasi rigettate fuori dalle mura dell’abitazione. Così come nell’omonima canzone di Freddy Quinn si parla di dolore derivato dalla perdita di persone care, dall’impossibilità di evitare il dramma, così nel romanzo Oh my darling, Clementine della statunitense Amity Gaige (NN editore, pp. 240) lo spaesamento, il vuoto, l’impotenza e l’angoscia per la morte, l’assenza dei genitori della coppia protagonista, impreparata a tutto ciò, è un peso che ne condiziona la vita e il legame. Ho trovato questo romanzo di una delicatezza incredibile, sia nello stile narrativo che nella descrizione dell’ambientazione anni ’50 e nelle dinamiche tra marito e moglie, spesso rei di non comunicare, che mi ha fatto ripensare a Frank e April, i due indimenticabili protagonisti dei sobborghi newyorkesi di Richard Yates. Bello il parallelo tra la canzone e il libro (per capirlo bene occorre leggere il testo della canzone), è un modo originale per parlare di argomenti e temi che, tutto sommato, sono sempre ampiamente trattati ma in questo modo riescono quasi a dare una musicalità alla storia, una colonna sonora impossibile da ignorare, che parla di loro, di Clark e Charlotte, e che rimanda a un loop emotivo che li fa apprezzare ancora di più. Soprattutto Charlotte, con le sue paure, le sue fragilità, le sue cadute e le sue tempeste emotive. Ognuno vive il dolore a modo proprio, anche a distanza di tempo, è vero, e questi due protagonisti ne sono l’esempio. Spesso si indossa una maschera per celare il male che viene percepito, perché la vita va avanti, perché ci sono le responsabilità, perché non si può pensare di piangere e soffrire per sempre, perché si è degli adulti. Probabilmente questo è il compito della casa di Clark e Charlotte: far cadere la maschera.Cinzia Ceriani