Home » Il vagabondo delle stelle di Jack London

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Recensione

Ci ho messo un bel po’ prima di decidermi a scrivere questa recensione (il libro infatti l’ho letto a dicembre 2021). Jack London è un autore che ho rivalutato, in quanto sempre considerato lontano dai miei gusti, dalla mia comfort zone. Insomma si sa, il genere avventura, il conflitto/sfida uomo-natura non è un argomento che rientra tra le mie corde (e continua a essere così anche se qualcosa sta piano piano cambiando), e mai mio giudizio su di lui fu più sbagliato. Per approcciarmi a London, però (quale amante della letteratura americana non potevo esimermi da questo autore) ho deciso di iniziare dal suo ultimo romanzo e da una tematicha che, invece, mi interessa molto da sempre: le condizioni dei prigionieri nelle carceri americane di inizio ‘900. Certo, la componente avventura non manca nemmeno fra queste pagine, ma occupa uno spazio decisamente inferiore rispetto ad altre opere dell’autore (Zanna Bianca, Il richiamo della foresta, I racconti del Klondike, ecc) e quindi per me era un buon compromesso. Be’, mi ha letteralmente conquistata. E’ un romanzo intelligente, audace e  forte al contempo, per l’epoca in cui è stato scritto ma anche per i giorni nostri, e il cui finale, delicato, riflessivo e spirituale quasi sa donare al lettore speranza pur nella tragicità della vicenda narrata. Rievoca l’incarnazione (quindi si discosta molto dalla cultura cristiana e religiosa in particolare, sembra abbracciare più il buddismo sotto certi aspetti), sprona a trovare la forza, fisica e interiore, per trovare un modo per sopravvivere, per resistere al dolore, alle difficoltà; di come una scelta, una scappatoia, una via di fuga e di riscatto ci sia sempre. La vita di un uomo non si esaurisce con la morte, la sua anima torna, sempre. Le pagine di London sono un invito a non cedere alla paura, ma anche una denuncia sociale su ciò che accadeva (e forse accade anche oggi?) fra le mura dei penitenziari Oltreoceano: soprusi fisici e psicologici, pestaggi, isolamenti, annichilimento della volontà, ricatti. I personaggi e le rispettive storie che vi si intrecciano sono tanti, ma tutto, ogni dettaglio, s’incastra alla perfezione nella narrazione. Ti entrano in testa e lì rimangono. Impossibile non amarli per la loro forza, il loro desiderio di vita e di lotta per la sopravvivenza, e non mi riferisco solo al protagonista, un carcerato, ma anche e soprattutto alle vite e alle storie che nelle sue digressioni temporali egli stesso vive e racconta, fatti storici realmente accaduti e terribili. Ci sarebbe tanto altro da dire, servirebbero pagine e pagine per spiegare bene questo libro, e forse ancora non basterebbero. Al momento, posso solo dirvi di farvi un favore e di leggerlo.

 

 

 

Trama

Come “Martin Eden”, questo romanzo troverà sempre appassionati – per i quali resterà il libro del cuore. Solo un “realista selvaggio” come Jack London poteva gettarsi in una vicenda così temeraria, che a partire da uno scenario che ricorda “Forza bruta” ci fa veleggiare nel cosmo e nelle epoche con stupefacente naturalezza. All’inizio siamo infatti nel braccio degli assassini di San Quentin, in California, dove il protagonista viene regolarmente sottoposto alla tortura della camicia di forza. Ma in quella condizione disperata, con feroce autodisciplina, riuscirà a trasformarsi in un moderno sciamano che attraversa le barriere del tempo come muri di carta. Amato da lettori fra loro distanti come Leslie Fiedler e Isaac Asimov, “Il vagabondo delle stelle”, ultimo romanzo di Jack London, è anche il suo libro più originale, estremo – che si colloca in una regione di confine del firmamento letterario, fra Stephen King e Carlos Castaneda.

 

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