L’espressione “genio e sregolatezza” è stata ispirata dalla vita e dalle prodezze di Giovanni Succi, il più famoso “affamato” d’Italia? Certo che no, almeno non ufficialmente, ma è ciò che continuava a balenarmi in testa durante la lettura dell’ultima fatica letteraria del fiorentino Enzo Fileno Carabba, Il digiunatore (Ponte alle Grazie, pp. 252), una delle prime grandi uscite letterarie di questo appena iniziato 2022. Caratterizzato da capitoli brevi, concisi ma allo stesso tempo attraversati da una vena a metà tra l’ironia e una sorta di realismo magico, il volume racconta la vita di un artista, possiamo definirlo così, che ha fatto della carenza periodica di cibo uno dei pilastri fondamentali della sua esistenza, della sua carriera e della sua fama. Eppure, definire Giovanni Succi un semplice “digiunatore”, un fenomeno da baraccone, da circo, potrebbe risultare riduttivo. Il ragazzino sognatore e intraprendente nato a Cesenatico Ponente nella seconda metà dell’800 che amava osservare e imitare personaggi dalle grandi qualità, è riuscito a trovare una propria dimensione fisica, emotiva e spirituale viaggiando per mezzo mondo sviluppando le sue “bizzarre” capacità e affrontando le sue paure, ha fatto la fortuna di ristoranti e imprenditori, ha incontrato personaggi famosi dell’epoca e ha conosciuto, ahimè, l’ostile ambiente dei manicomi. Una vita piena, la sua, descritta con grande abilità dall’autore, una penna veloce ma non banale, coinvolgente e che non si sofferma su inutili dettagli, va dritta al sodo e ammalia il lettore. Lo stile di Carabba, lo ammetto, è la prima volta che lo leggo, mi è piaciuto molto, le pagine e i capitoli si susseguono senza fatica uno dietro l’altro legati da un invisibile filo attraente che altro non è se non la sua scrittura elegante, semplice ma, a tratti, ricercata. È una biografia certamente molto piacevole da leggere in cui la noia è assolutamente bandita.