Recensione
E’ un libro poesia. Una sorta di favola moderna che antopomorfizza la natura per sensibilizzare le persone al rispetto del mare e degli oceani, per porre l’uomo, tra le righe, davanti alle sue colpe, alle sue responsabilità. E’ vero, in origine i mari e gli oceani come li conosciamo oggi non esistevano, vi era un’unica enorme, vitale distesa d’acqua che le terre, emergendo, ha diviso in continenti, separando le acque come se fossero i memebri di un’unica grande famiglia che si sparpagliano per il mondo e ora sognano di riunirsi. Questo racconto è di una delicatezza incredibile, una sottile metafora della vita, e limitarsi al solo leggerla è un sacrilegio, non è sufficiente. Occorre capirla, coglierne il significato profondo, interpretarla e assimilarla. Stupendo. Mi è piaciuto davvero molto.
Trama
In principio il nostro pianeta era ricoperto da un’unica, felice distesa d’acqua, ma poi eruppe la terra, che squarciò la coltre primigenia separandola nelle tante sorelle chiamate oggi «mari» o «oceani» da noi umani, noi «creature». Da allora quelle sorelle, divise dalla terra ma anche dalla sensibilità e dal carattere di ciascuna, cospirano e mandano avanti un piano ingegnoso per sommergere tutto e tornare all’unità perduta. In una narrazione epistolare che ha la poesia e la tenerezza dell’intimità, Siri Ranva Hjelm Jacobsen rifonda il mito della grande madre e dà voce alle nostre acque, protagoniste dei cambiamenti climatici in corso sulla Terra, per raccontare la nascita e il declino dell’umanità.