Home » Umili prose di Aleksandr Puskin

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Recensione

Leggere autori russi, soprattutto se classici, non è mai, o quasi, dipende dalle opere che vengono scelte, facile, sono piuttosto impegnative, eppure Puskin mi ha sorpreso. Per la sua semplicità, per la tramacomplessa ma al tempo stesso semplice e lineare dei ruoi racconti/romanzi brevi, per la fatalità di cui sono impregnate le sue storie, per come scorrono via veloci e senza pesantezza le sue pagine. Puskin è stato un precursore, un antisignano della letteratura russa e il suo romanzo La figlia del capitano, una gemma che risplende nel freddo della Russia, ne è la prova. Il senso del dovere dei personaggi si scontra con i sentimenti, che soccombono davanti ad esso. L’uomo è costantemente combattuto tra il dovere e il volere, in balia di un destino che spesso mette sul tavolo carte crudeli e inaspettate, e per quanto il protagonista tenti di ricavare il meglio dalla situazione, di sopravvivere, nulla può. Ritorna sempre e comunque allo stesso punto.

 

 

 

Trama

Oltre che per le opere di poesia e di teatro, Puškin è considerato un classico anche per i suoi racconti che hanno lasciato una potente impronta sulla narrativa russa successiva, al punto che autori come Tolstoj ne raccomandano la lettura e lo studio. I racconti di Belkin (1830), che furono apprezzati tra gli altri e tradotti in francese da Mérimée, sono piccoli capolavori di realismo, per la loro essenzialità: rappresentano semplici figure, dai sentimenti autentici, in una narrazione lineare e con splendide scene di sfondo. Sono cinque racconti che l’autore attribuisce a un certo Ivan Petrovicˇ Belkin, che li avrebbe uditi raccontare e poi trascritti: sono la storia di un duello rimandato e di un rancore covato nel tempo, quella di un amore contrastato tra una ricca fanciulla e un semplice fante, quella di un fabbricante di bare e del suo invito ai morti ad andarlo a trovare, quella di un padre vedovo lasciato solo dall’unica figlia, e quella di una nobile di provincia che inganna in amore il povero vicino. La dama di picche (1833), messa in musica da Čajkovskij, è uno dei racconti più caratteristici di Puškin: mescolando alla narrazione realistica elementi fantastici, narra dell’ossessione, fino alla follia, di un giovane per il segreto di una contessa che vince sempre alle carte. La figlia del capitano (1836) è un romanzo storico ispirato alla rivolta di Pugacëv, narrato in prima persona, di modo che le vicende storiche sono filtrate dalla prospettiva privata e divengono cronaca familiare. Chiude il volume il racconto Kirdzali.

 

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