Donna e natura hanno stretto, sempre, fin dall’antichità, un patto sacro e profondo, un legame indissolubile da cui, nel corso dei secoli, sono nati culti, credenze e riti religiosi legati alla donna e alla Madre Terra, simbolo di fertilità e prosperità, divina custode della vita e della rigenerazione; alla donna come “portatrice dell’acqua”, non a caso in molte tribù africane, di ieri e di oggi, il compito di andare ad attingere acqua al pozzo o al fiume spetta alle donne; alla donna che sa riconoscere e apprendere dalla natura stessa, attraverso un uso sapiente e consapevole delle erbe, l’immenso potere che ne deriva, utilizzandolo per curare, medicare, alleviare, ma anche per manipolare e assoggettare. Una forza enorme che l’uomo spesso non comprende e teme, tacciando la donna, come è successo dal Medioevo in poi, di stregoneria. Non è però questo il caso del fantasy della scrittrice cuneese Artemia Birch, dal titolo La saga di Wise – La porta tra i mondi (Panesi Edizioni, 250pp. € 2,99), il primo di una saga dedicata ai Sapienti di Wise. A dominare l’impianto narrativo del romanzo, infatti, ben articolato e particolareggiato, contraddistinto da uno stile narrativo fluido e da una “lettura carezzevole”, che scivola e avvolge il lettore come una morbida coperta, è proprio la donna, in tutto il suo vigore. Donne potenti che amano, custodiscono, controllano, ereditano e credono nei doni della Natura: Terra, Aria, Fuoco e l’importante e ambita Acqua. Donne che devono proteggere l’equilibrio instabile di un mondo, Wise, sospeso tra bene e male, districandosi tra visioni oniriche, creature malvagie in grado di assumere sembianze di altri esseri e creature fatate; fra sovrani cinici e capricciosi e le vendette di coloro che sono stati banditi; tra giovani Sapienti e soldati, dagli animi nobili ma facilmente corruttibili. E’ un fantasy diverso dal solito e originale che, pur rientrando nei canoni classici del genere, mette in evidenza e inserisce degli aspetti che spesso passano in sordina o comunque in maniera più sobria, come il legame, citato all’inizio, che unisce la donna, la natura e la magia che, spesso, altro non è che “magia verde”, ovvero l’effetto, benefico o meno, derivato dall’uso, dalle mescolanze e dall’impatto che alcune erbe medicamentose, forti dell’influenza dei culti e delle credenze, sortiscono sull’animo e sul corpo.
Cinzia Ceriani