Recensione
All’inizio, appena si affrontano le prime pagine, sembra un testo facile. Leggero, scorrevole, linguaggio semplice e lineare. Poi, man mano che si procede con la lettura, ci si accorge di trovarsi di fonte ad un romanzo tutt’altro che semplice o banale. Anzi. E’ un romanzo che induce alla riflessione, instillando, contemporaneamente, nel lettore il desiderio sempre più forte di capire, sapere; una tensione letteraria che fa protendere prima per un personaggio e poi per l’altro, in una continua altalena emotiva. Particolare, e anche in alcuni tratti un po’ prolisso, è il lungo monologo del protagonista che, ricordando vagamente lo stile tipico dei migliori romanzi gialli, quelli in cui il detective vecchio stampo spiega per filo e per segno come si sono svolti i fatti, snocciola verità scomode, bugie e tradimenti celati per anni sotto la cenere mai sopita delle braci.
Trama
Dopo quarantun anni, due uomini, che da giovani sono stati inseparabili, tornano a incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi. Uno ha passato quei decenni in Estremo Oriente, l’altro non si è mosso dalla sua proprietà. Ma entrambi hanno vissuto in attesa di quel momento. Null’altro contava per loro. Perché? Perché condividono un segreto che possiede una forza singolare: “una forza che brucia il tessuto della vita come una radiazione maligna, ma al tempo stesso dà calore alla vita e la mantiene in tensione”. Tutto converge verso un “duello senza spade” ma ben più crudele. Tra loro, nell’ombra il fantasma di una donna.