Il rifiuto della verità, di noi stessi e della nostra condizione; il desiderio e la speranza di una vita diversa, conforme alle nostre aspettative e al nostro volere. La consapevolezza di non avere futuro, di dover rimanere impigliati in una matassa oscura fatta di rimpianti, di sogni infranti e sensi di colpa; la percezione del disprezzo che aleggia negli occhi delle persone che amiamo e che, in teoria, dovrebbero a loro volta amarci perché così dice natura, visto che, a scorrere nelle nostre vene, è il loro stesso sangue. Un sangue che, come anche la storia e non solo la letteratura insegna, non basta a frenare gli egoismi, a perdonare, a saldare legami e rapporti, ma anzi, è proprio su questo sangue che ci si accanisce, si costruiscono identità e castelli in aria, solidi all’apparenza, fragili e traballanti nella realtà. In Ritorno a quale origine – Homing – (Parallelo45, pp. 176, € 12) opera d’esordi della giovanissima Ginevra Bottini, c’è tutto questo. Un thriller costruito e ideato sulla base di un incipit paranormale, incalzante e serrato, che tiene il lettore con il fiato sospeso fino alla fine. Elemento che assume però la forma di una verità tanto mancata e distorta quanto reale e tangibile, perché niente è più vero della mente umana. E’ una storia che ricalca le orme del classico thriller americano, cavallo di battaglia di molti autori d’oltre oceano che hanno fatto storia. E’ un romanzo che, seppur solido nell’impianto narrativo e avvincente nella descrizione della psicologia dei personaggi, usa un linguaggio semplice e diretto, ma non privo di imprecisioni stilistiche e tecniche. Un lessico e una modalità di comunicazione tipica, soprattutto nei dialoghi e nei monologhi interiori di riflessione, dei giovani d’oggi.
Cinzia Ceriani