E’ il riflesso, su carta, della società italiana. In tutto e per tutto. Nel modo di comportarsi, di atteggiarsi, di esprimersi e di pensare, di ragionare e di emozionarsi. Il libraio stanco dell’ignoranza letteraria del pubblico, l’impiegata “pugliesotta” delle poste tutta curve e la “scaricatrice di porto” tipicamente romana. I protagonisti del romanzo di Fabien C. Droscor, pseudonimo di Francesco Bordi, Non è tutta colpa del pipistrello (I Robin&sons edizioni, pp. 292), vivono alla ricerca dell’appagamento effimero di una chimera, inseguono i sogni, usati come catalizzatori per reprimere le delusioni della vita reale, non badando alle conseguenze, in maniera del tutto illogica, egoistica e ingenua, senza accorgersi dell’inganno di chi se ne approfitta, o rifiutando volutamente di vedere l’inghippo. Un po’come succede tutti i giorni. I soldi scarseggiano, ma se non si ha il cellulare di ultima generazione non si è contenti; serve l’abbonamento alla pay tv ed è assolutamente necessario ed indispensabile indossare abiti firmati (anche se di nascosto si va a comprarli al mercato); si è a conoscenza della presenza delle telecamere all’interno degli uffici pubblici, ma bisogna ugualmente fare i “furbi” e timbrare il cartellino e andarsene, senza lavorare. Si vive su una nuvola di apparenza all’inseguimento di miti che hanno il solo compito di riempire e dare un senso alla vita. Che gli abitanti del Bel Paese debbano iniziare a mettere i piedi per terra invece di comportarsi (spesso) come bambini viziati? Non lo so, ma può essere questo uno dei messaggi contenuti nelle pagine di Droscor. Un testo scorrevole che a tratti è riuscito a strapparmi dei sorrisi o delle grosse risate, sembra quasi una commedia, in certi punti, e che nomina ogni capitolo con il nome di un regista, uno sceneggiatore, un cineasta o un attore, conosciuti o meno, italiani e stranieri, francesi per la precisione. Perché è proprio su questo asse italo – franco che si sviluppa, come in un film, tutto il romanzo. Parte dai libri, da una libreria, e da un commesso un po’ sciroccato e frustrato per finire… in Francia. A fare che e come, spetta al lettore scoprirlo. Capisco che può cozzare un po’, come si nota già dalla copertina, molto bella tra l’altro, l’accostamento Batman – Tour Eiffel, ma ha una sua logica. L’impianto narrativo è ben equilibrato e le descrizioni sono accurate, sembra di vivere veramente i posti descritti. Anche i flussi di pensiero trovano la loro giusta collocazione all’interno del romanzo, sia da un punto di vista logico – temporale che strutturale e di interazione tra lettore e personaggi. (Quante volte mi è venuta voglia di urlare a Lorenzo di svegliarsi!). Cinzia Ceriani